Come costituire un Trust in Italia?…
E’ la domanda che chi si approccia al Trust si pone.
Fino a qualche anno fa, prima ancora di affrontare l’argomento, molto spesso ti veniva affermato dritto dritto: “Non ho nessuna intenzione di usare gli stessi strumenti di gente senza scrupoli che per gli scandali commessi è finita sulle prime pagine dei giornali”…
In seguito la preoccupazione ricorrente è diventata: “Ma fare un trust significa che i miei beni non sono più miei?”…
Solamente da un paio d’anni, da quando cioè il Ministero dell’Economia ci ha detto a chiare lettere che occorreva metter mano all’imposta di successione, molti sanno che costituire oggi un trust in Italia è il modo migliore, nella maggior parte dei casi, per evitarla o per pagare cifre assai più contenute, in modo da garantire anche ai propri cari un’efficace protezione del patrimonio.
Arrivando al giorno d’oggi… poche settimane fa, durante una conferenza all’Ordine degli Architetti, non di Avvocati si badi, mi è stato chiesto se il trust in Italia, una volta costituito, fosse irrevocabile.
Per fortuna, come si vede, l’informazione corre veloce e molti problemi trovano soluzione.
Prendendo atto di quello che sta oramai alle nostre spalle e con riferimento al futuro, da un bel po’ di tempo mi sono fatto l’opinione che nell’arco dei prossimi quattro/cinque anni assisteremo ad un vero boom di trust fino a considerarlo un istituto di normale utilizzo.
Allora ci sarà davvero da stupirci di quante possibilità questo strumento giuridico offra in mano a chi lo padroneggia.
Ci sarà nel frattempo bisogno urgente che, tra le categorie professionali, molti avvocati, commercialisti e notai si mettano al passo con i tempi con una preparazione sul tema degna di questo nome.
Pertanto già si comprende che, se dobbiamo affrontare il tema di come costruire oggi un trust in Italia, la prima questione è per chi si accinge a farlo di andarsi a cercare il professionista in grado di farlo realmente bene.
Come in più occasioni ho affermato, trattandosi di un istituto che presenta una complessità di non poco conto, il risultato che alla fine occorre raggiungere è quello che in gergo si sintetizza con l’espressione: “ deve essere in grado di tenere”.
In proposito l’esperienza vissuta con le banche, che mi richiedono di visionare gli atti dei loro clienti, mi fa affermare che questo requisito in molti casi non c’è.
La conseguenza è drammatica: chi pensava di essersi garantita la protezione del patrimonio non sa che in realtà non è affatto così e se ne rende conto solo nel momento peggiore, cioè in quello del bisogno, quando purtroppo si perde tutto! Come è successo in questi ultimi otto anni nei quali i fallimenti hanno raggiunto percentuali impensabili prima.
Ma serve soffermarsi ulteriormente su “chi” lo fa il trust, per poi finalmente affrontare il tema della normativa da adottare.
Perché mai ?
Nell’arco di questi ultimi dieci anni, dal 2007 anno in cui finalmente anche il legislatore fiscale ha fornito le sue regole sul trust rendendone possibile l’utilizzazione, mi sono fatto l’idea che il notaio, non può essere l’unico professionista a entrare in gioco.
Mi spiego con un esempio: se devo affrontare un caso tipico come quello del “passaggio generazionale impresa familiare” le questioni da analizzare sono molteplici e riguardano un orizzonte temporale che non può riguardare solamente la prossima generazione: al cliente, che va guidato per mano, quante domande vanno rivolte relative al presente e al futuro ? Quante situazioni devono essere considerate possibili e quindi prospettate e normate nell’atto istitutivo relative a questa e alle successive generazioni? Affronto il solo passaggio generazionale o consideriamo di aggiungere uno o più altri obiettivi che è bene/necessario considerare e quindi normare nell’atto del trust?
Ad esempio una separazione/divorzio alle spalle o in divenire, un figlio disabile, eventuali intenti benefici che si desidera tenere in considerazione in un contesto successorio e così via…
Quanti mesi servono per lasciar riflettere e metabolizzare anche dal punto di vista psicologico chi si accinge a costituire un trust del genere?
Ma normalmente, dopo questo lunga pausa di riflessione, non sarà bene che vengano ulteriormente coinvolti il coniuge e i figli?
Da tempo sostengo pubblicamente che proprio il passaggio generazionale nell’impresa familiare, se effettuato tramite trust nel modo che ho sopra descritto, permette di ottenere l’obiettivo più importante: la serenità in famiglia e conseguentemente la continuità in azienda, ovverosia il pieno successo dell’operazione.
Indispensabile poi pensare al maggior risparmio possibile di imposte… o no?
E se poi sono “fortunato” e trovo il professionista specializzato nell’evidenziare, dove esistono, anche quelle situazioni che oltre al risparmio fiscale offrono la possibilità di altri legittimi e interessanti vantaggi in termini di imposte?
E se si valutasse lo stesso iter per il trust anche per il figlio disabile, piuttosto che nell’ottica di una separazione, o per motivi caritativi?…
Conclusione: la normalità dei casi vede la presenza di uno specialista durante tutto questo periodo in cui si affianca il cliente in modo da assicurargli la costituzione di un trust che gli porti i massimi benefici.
Sul fronte della normativa da adottare serve essere informati su poche importanti questioni.
In Italia, essendo priva di una sua normativa sul trust, ma avendo sottoscritto la Convenzione dell’AIA del 1.7.1985, esiste grazie a questa la possibilità di usare la legge di un Paese firmatario: quindi non una normativa, ma tante normative di riferimento a scelta!
Una complicazione? Sì da un certo punto di vista in quanto impegna non poco il nostro professionista di riferimento.
Una grande opportunità però se questo professionista ha bene in testa quelle normative: non essendo certo tutte uguali, una piuttosto che un’altra potrà essere più vantaggiosa nello specifico caso da affrontare, contribuendo quindi al massimo risultato: quello di un vero vestito su misura in base alle dettagliate esigenze di ogni cliente!
Non va sottaciuto da ultimo la questione costo per chi si accinge a istituire un trust in Italia: infatti l’esperienza dimostra che il professionista specialista fa quasi sempre binomio con costi minori per il cliente.
Non male!…
CASO STUDIO E TESTIMONIANZA SUL TRUST FAMILIARE
Altro caso tipico è quello della tutela del figlio “debole”, o affetto da qualche forma di dipendenza o in generale “problematico”: in questi casi gli si vuole garantire quel reddito necessario o i servizi “sostitutivi” necessari , ma volendo nello stesso tempo preservare e garantirsi la protezione del patrimonio di famiglia.
A questo punto mi permetto di condividere a conclusione della mia “breve carrellata” un caso che mi è capitato di affrontare.
Si trattava di una coppia di anziani con due figli, uno dei quali tossicodipendente, proprietari di una abitazione di proprietà e di altre disponibilità liquide.
Tutti questi beni vennero inseriti in trust familiare con la sola eccezione del diritto di usufrutto dell’immobile, trattenuto a favore della coppia.
Le istruzioni cui il trustee, in qualità di gestore del trust doveva attenersi, imponevano l’erogazione di una somma mensile necessaria “per vivere” al figlio tossicodipendente.
Alla morte di entrambi i genitori al trustee era stato fatto carico di erogare a quest’ultimo figlio la sola legittima parte (cioè quella parte di eredità minima obbligatoria per legge), depurata però di quanto già anticipato in vita, proprio per evitare che quanto ricevuto potesse sparire in breve volgere di tempo.
In tal modo, una volta soddisfatto con la legittima parte anche l’altro figlio, rimanevano a disposizione delle somme con le quali poter ancora garantire un “decoroso mantenimento” al figlio tossicodipendente.
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Costoro intendono assecondare la vocazione di entrambi, cercando di effettuare nel contempo sia un efficace passaggio generazionale dell’azienda di famiglia, sia un’equa divisione del patrimonio familiare tra gli eredi…”

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Tutti questi beni vennero inseriti in trust familiare con la sola eccezione del diritto di usufrutto dell’immobile, trattenuto a favore della coppia.
Le istruzioni cui il trustee, in qualità di gestore del trust doveva attenersi, imponevano l’erogazione di una somma mensile necessaria “per vivere” al figlio tossicodipendente.
Alla morte di entrambi i genitori…”